domenica 15 febbraio 2015

I giorni con l'elastico

Io ogni tanto mi guardo indietro, anzi per essere precisi ogni poco, ché sono una nostalgica, e la maggior parte delle volte vedo un sacco di giorni tutti uguali e molto noiosi, come se la mia vita scorresse su un piano inclinato di un grado o due. Una vita monotona, sì, ma tutto sommato neanche male; a me piace la routine perché mi dà sicurezza, sono sono un'insicura, sono come quei bambini a cui bisogna raccontare sempre la stessa storia, nella stessa maniera, con le stesse inflessioni nella voce. Invece poi a guardar bene ci sono purtroppo anche giornate diverse; quelle in cui il piano inclinato si è interrotto, quelle che mi hanno segnato e spezzato e poi fatto cambiare anche se non volevo, e in modi che non prevedevo. 
Ogni volta che devo fare i conti con le mie paure più grandi, con le mie ferite, ogni volta che credo di essermi allontanata da questi momenti, mi succede di essere tirata di nuovo indietro, di sentire come un elastico alla base della schiena che mi riporta a velocità supersonica nel mio letto all'ospedale, in camera coi miei mentre mio padre mi dice "la mamma ha il cancro" o nella stanza con S. che mi guarda in un modo per cui io so che è finita. Sono sempre lì, sono ancora lì. ed è come se tutta la strada percorsa non significasse niente, in un attimo l'elastico ti riporta da capo.
Però son testarda, anche da disperata; vado avanti lenta, ma vado. Fermare il mondo per scendere, come scrivevamo sulle smemo da ragazzini, non si può. Si va avanti, si tira l'elastico, si viene sparati indietro, si riparte, si arriva un po' più lontano, si ritira l'elastico, ancora un volo indietro, finché ad un certo punto, sono sicura, si sente un forte "SNAP!" e basta, l'elastico si è rotto, noi facciamo un sospiro di sollievo e via, abbiamo solo un sacco di vita e di sole davanti e tutta la notte dietro. 

giovedì 12 settembre 2013

Io e te

Pensavo che mi sarei persa, a ritornare lì dopo più di due anni. Invece io, che mi perdo nella mia città anche se ci vivo da trent'anni, guido sicura verso quella che era casa tua, mi ricordo la svolta per l'appartamento dove stavi prima, per il supermercato, per la pizzeria che mi piaceva tanto, per la casa del tuo amico. Guido, mentre la voce del tomtom è un sottofondo rassicurante, ma inutile, è acceso per il gusto di sentire una voce più o meno umana mentre guido e piango. Ritrovo i miei pensieri e le speranze che avevo ogni volta, come se raccogliessi i miei sassi da pollicino previdente. Sassi taglienti, cha feriscono le mani.


 Ritrovo te, ancora più bello, ancora più lontano. Il lago scintilla come uno specchio al sole, e tu, per me, sei appena meno luminoso di lui. Io vorrei sembrare una persona risolta, cortese ma fredda, vorrei almeno sembrare così. Non riesco. Cerco di colmare distanze, di agganciare i tuoi occhi ai miei, ma tu sei sempre uguale, sfuggente e sicuro. Dio, come vorrei essere al tuo posto, almeno per un'ora. Essere io quella che si siede tranquilla, che guarda con quegli occhi sereni, imperturbabili, che compie solo gesti lenti, armonici, che parla a voce bassa, sempre uguale. Invece stiracchio lo spazio intorno a me, dondolo la gamba, cambio posizione, mi tocco i capelli, rido troppo forte, mi sposto frenetica, sono goffa e non so mai come cazzo stare. Ma neanche come cazzo stare al mondo, per dire.

 La notte è scura, davanti al lago color inchiostro. Tu ripeti le stesse parole, come per farle capire ad un bambino testardo (io). Io guardo l'acqua e l'unico pensiero minimamente coerente che ho è che vorrei dissolvermici dentro, come i cartoni animati nella salamoia.
Mi accarezzi come accarezzi i gatti (grazie, Zucchero). A me sembra che la mia anima salga sotto pelle per seguire la tua mano. Mi fai ridere come nessun altro. Mi fai piangere come nessun altro. Mi lasci a dormire da sola, ormai dovrei esserci abituata e invece no. Proprio no.

 La mattina è splendida, piena di sole, dalla finestra della mia stanza d'albergo non riesco quasi a guardare fuori perché il lago spezzetta e riflette la luce in mille raggi. Mi fai vedere dove vivi, e non c'è più il mio accappatoio di fianco al tuo. I gatti non mi riconoscono più, mi guardano diffidenti prima di avvicnarsi, mi annusano appena, si lasciano fare una carezza e poi vanno via. Riparto, torno a casa. Se sapessi quanto è strano dirti "torno a casa" quando l'unica casa che vorrei è tra le tue braccia. Mi sembra che il tuo sorriso ti si mozzi in gola. Non lo so, credo sia una mia proiezione.

 Accendo la macchina e vado. Ascolto i Cure. Accelero e vorrei volare via. Non ci tornerò più qui, non ho nessun motivo per tornare. Dio solo sa se lo vorrei. Ma ho raccolto da qui tutti i miei perché, io che mi credevo vittima e invece mi scopro anche un po' carnefice. Adesso lo so perché mi hai lasciato; se potessi mi lascerei anche io, guarda. Non posso mica darti torto. Proprio non posso.

lunedì 22 luglio 2013

Do you believe in life after love?

Sabato ero fuori con una mia amica e ci chiedevamo se c'è vita dopo l'amore; lei sostiene che c'è solo una cosa da fare. Prendi la tua storia e fai due mucchietti di ricordi, quello delle cose belle, che sono da tenere e da custodire, e quello delle cose brutte, che butti via e non ci pensi più.
Io all'inizio ho annuito con vigore e le ho detto sì, sì, hai ragione, si fa proprio così.

Poi tornando a casa ci ho ripensato bene e no, non sono d'accordo.
Bisogna ricordarsi tutto, anzi, occorre sforzarsi di tenere in primo piano le cose che non sono andate bene, che ti hanno fatto soffrire, che sono poi di solito gli atteggiamenti, i difetti e le mancanze che hanno portato alla fine di tutto.
Perché altrimenti tu resti lì, una domenica sera, a pensare a come sapeva di buono tizio, alle deliziose fossette di caio quando ti sorrideva in mezzo alla gente e alla sensazione di casa che ti dava l'abbraccio di sempronio, a sentirti stupida e incapace ad aver perso tutti e tre. Se invece ti sforzi, ti ricorderai che il primo era meraviglioso tranne il piccolissimo particolare di essere completamente senza cuore e senza pietà, che il secondo era inaffidabile come il culo di un bambino piccolo e falso come una puttana, che il terzo valuta le sensazioni più dei sentimenti e non è assolutamente pronto a lasciare la sua aurea indipendenza dal mondo intero per scommettere qualcosa su voi due. Così, e solo così, riesci a voltare pagina per andare avanti, senza che i ricordi ti sorprendano alla notte come ladri.

Lo so che sembra di calpestare margherite con gli scarponi chiodati, che è un po' meschino distruggere così tutto quello che c'è stato di buono. Ma non è l'unico modo per andare avanti senza rimpianti e senza quell'atroce senso di perdita ineluttabile? Per me lo è.

venerdì 12 luglio 2013

Come una patella

Ho sempre avuto, fin da ragazzina, questo difetto (che potrebbe sembrare un pregio, ma non lo è) di giocarmi sempre il tutto e per tutto nei rapporti. I muri di gomma non mi fanno paura. Prendo la rincorsa e ci sbatto contro, una, dieci, mille volte, un milione, due, tre, con lo slancio e le speranze della prima volta. Questo ovviamente comporta un enorme dispendio di energie.

Poi, senza troppe avvisaglie, arriva il giorno in cui davvero non ce la faccio più. Dopo l'ultima testata, mi volto e me ne vado. Spesso questo momento coglie di sorpresa anche me, è proprio come se mi cadesse dalle spalle uno zaino pesantissimo, e decidessi di andarmene lasciandolo lì.

E allora per un po' mi sembra di affogare, di non respirare, mi manca un pezzo e sono in ansia. Però (questo invece è innegabilmente un pregio) sono anche svelta ad aggrapparmi con tutte le mie forze ad ogni minima occasione di serenità.

Come una patella attaccata allo scoglio.

Resto qui, in mezzo al mare, tra il sole dei sorrisi e il sale delle lacrime, incollata alla mia roccia, aspettando che passi la tempesta. Mi godo la marea che si alza e si abbassa, raccolgo le idee, aspetto il mattino.

sabato 6 aprile 2013

Scripta manent

Le righe dei libri, ordinate, sempre dritte, sempre avanti se non per il trascurabile millisecondo in cui si va a capo, righe che sanno dove vanno, lentamente, inesorabilmente, un carattere alla volta, con passettini-virgola o con passi lunghi da capolettera. Le loro storie mi hanno salvato da pomeriggi piovosi, da giorni aspri e crudeli, da insonnie d'amore. Mille vite ho vissuto, sono stata bambino e drago, nonna e visconte, strega, marito tradito, casa, pirata, gatto, fantasma, folletto, statua.

Sarà per questo che fin da piccola ho scritto; bigliettini agli amici, lettere ai miei, foglietti sparsi con sopra il mio cuore in brutta poesia. E gli altri mi rispondevano. Ho una scatola piena di questi scambi di corrispondenza su fogli da quaderno. Ho ancora perfino il bigliettino (rosa) in cui chiedevo al mio primo morosino se voleva mettersi con me. Sì, con sotto le caselline sì/no.
Forse vedere la mia vita scritta mi aiuta a trovarci un senso, una direzione. Come quando leggi un romanzo, no? e a tre quarti di libro cominci a immaginare dove andrà a parare, conosci i personaggi, il tono della storia, hai delle aspettative e pagina dopo pagina ti avvicini al finale, lieto o triste che sia.

Sarà sempre per questo che mi è capitato, qualche giorno fa, di riassumere la mia vita in poche righe scritte a computer.
Sapere che qualcuno ti legge è molto bello. Perché a parlare son buoni tutti, a sentire pure. Ma leggere non è sentire; è ascoltare. Allora quando trovi qualcuno che ascolta, ti ascolti anche tu. Ti leggi anche tu. Ti vedi come il protagonista di una storia, con la stessa simpatia, con lo stesso affetto. Ti dispiace per le sconfitte, soffri, fai il tifo, gioisci dei progressi. Vedi una specie di disegno, come fosse la trama di uno scrittore, vedi le svolte e i capitomboli all'indietro in quelle righe sempre uguali, invariabilmente parallele. Sei lì che scrivi, con una persona gentile che ti legge, ed entrambe fate il tifo per quel personaggio che poi sei tu.

Dopo tanto tempo, fai il tifo per te.
E allora cambia tutto.


giovedì 28 febbraio 2013

Road to nowhere

Stasera sono andata a far la spesa. Sono uscita dal supermercato, ho messo la spesa nel baule e ho visto la coda in tangenziale, tutte le macchine a passo d'uomo. Niente di nuovo.
Mi sono girata, ho visto in lontananza l'autostrada e mi son detta, ma pensa che bello sarebbe adesso andarmene affanculo da qualche parte, lontano, senza dire niente a nessuno, mettermi in viaggio e partire per qualche posto che non conosco, magari vicino al mare.
Mi sono ricordata che avevo i surgelati da mettere in freezer e allora niente, sono tornata a casa.

giovedì 14 febbraio 2013

Filastrocca di san Valentino

Cupido dolce, scocca il tuo dardo
e ti friggerò con del buon lardo

Cupido mio, se miri a me
ti ridurrò a concassè

Cupido bello, stai bene attento
voglio bollirti a fuoco lento